Sergio Endrigo, che si considera un "professionista della canzone", non è arrivato al successo "per caso", ma dopo anni di duro lavoro. - Preferisce pochi applausi sinceri agli strepitosi successi di chi segue la moda e le manie del giorno. - A 14 anni sacrificò la raccolta di francobolli per comprarsi una chitarra.
Sergio Endrigo ha un punto di vantaggio sui suoi colleghi cantautori: quello di riuscire simpatico anche a molte persone mature, oltre che ai ragazzi.
Talora viene chiamato il cantante "della periferia". "Mi riconosco nella gente di periferia, dice lui stesso. Sono di loro, provengo da quell'ambiente. Amo un mondo che s'affaccia per la prima volta alla vita, dopo aver guardato troppo a lungo quella degli altri. Personalmente, mi diverto molto di più a cantare in periferia. Penso a certe sale dall'aspetto di hangar, con due o tre mila persone che vi si accalcano. Davanti magari ci sono file di uomini maturi a braccia conserte che ti fissano negli occhi. È gente sana e che mostra interesse, e vuol davvero sentire cantare bene. Con loro non basta fare lo snob o gorgheggiare due o tre parole, ma occorre una vera composizione poetica messa in musica, che dica qualcosa, con un inizio e con una fine. Ognuno ha un suo mondo poetico. A me piace dare una voce a questa gente".
Endrigo è detto anche il cantautore "che fa oggi la canzone di domani". Non gli piacciono i luoghi comuni. Canta solo se è persuaso di un testo poetico. E così succede che una canzone venga fuori alla distanza, che sia apprezzata dal pubblico dopo che è stata ascoltata molte volte, che diventi un successo magari l'anno dopo che è stata lanciata. "Non so - egli dice - se meritiamo quel che la gente ci dà. Ma non mi sento di prenderla in giro. Intendo dar loro canzoni che sentano e capiscono, che li aiutino a dire quello che loro non riusciurebbero".
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Bruno Bruni
(Famiglia Cristiana - 5 gennaio 1964)
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