sabato 15 giugno 2013

I Santini del Pubblico Ministero (processo a "La Ricotta" di Pier Paolo Pasolini)



Il borghese superstizioso
Questa materia opinabile, fluttuante, dibattuta milioni di volte, profondamente incerta e inconsistente, questa materia dell'arte e dell'espressione artistica del sentimento religioso trovava tuttavia un suo punto fermo così nel pubblico ministero come in Pasolini.   Il punto fermo del Pubblico ministero era ravvisabile nella sua situazione sociale; quello di Pasolini nella sua religiosità.
 E veniamo prima di tutto al Pubblico ministero e alla condanna da lui richiesta e ottenuta nei confronti di Pier Paolo Pasolini.   Egli accusava Pasolini di "vilipendio della religione".   In realtà avrebbe dovuto accusarlo del reato di "vilipendio della media e piccola borghesia".   E questo non tanto perchè Pasolini aveva detto per bocca di Orson Welles che "l'Italia ha il popolo più analfabeta e la borghesia più ignorante d'Europa", e che "l'uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente razzista, conformista, schiavista, colonialista, qualunquista" quanto perchè aveva attaccato questa borghesia, quest'uomo medio in ciò che costituisce la loro giustificazione metafisica, oppure se si preferisce dirla alla maniera marxista, in ciò in cui consiste la sovrastuttura della loro fondamentale struttura.   Infatti: Pasolini non aveva certamente vilipeso la religione cattolica (ed è per questo e non per paura conformista, che molti cattolici e preti che non condividono le concezioni religiose della borghesia, non hanno avuto niente da ridire sulla Ricotta) bensì aveva vilipeso la piccola e media borghesia italiana attraverso la critica dell'idea che essa si fa della religione cattolica.   E qual era quest'idea?   Era l'idea che traluce nei santini in tricromia, nelle oleografie sotto vetro, nella statuaria di gesso colorato, in tutta insomma l'orribile cianfrusaglia e chincaglieria sacra il cui stile fu determinato una volta per tutte, alcuni secoli fa, dalla versione iconografica che delle figure del Vecchio e Nuovo Testamento diedero Raffaello e soltanto in piccola parte i manieristi.   Era un'idea, diciamolo pure, assolutamente fossile, zuccherosa, convenzionale, precettistica, feticistica, idolatrica, superstiziosa: un'idea, per definirla con una parola sola, convenzionale, cioè completamente priva di contenuto religioso e fatta apposta per la comodità d'una società, appunto anch'essa del tutto  irreligiosa. [...]
E veniamo a Pier Paolo Pasolini.   Abbiamo detto che in questa materia estremamente opinabile, fluida e inconsistente dell'espressione artistica del sentimento religioso c'era tuttavia in lui un punto fermo: la sua religiosità.   E infatti: in quell'aula di tribunale il solo uomo veramente religioso era proprio Pasolini.   Il Pubblico ministero si muoveva sul terreno fossile delle tradizioni defunte, cioè di santini in tricromia, delle statue di gesso colorato, della "bondieuseries" per dirla coi francesi proprie alla religione che piace alla nostra piccola borghesia: soltanto Pasolini aveva saputo far qualche cosa di nuovo e di vivo con la storia della Passione, questa storia sublime, un tempo così feconmda e oggi così sterile: aveva saputo, diciamo, strappare il Cristo, la Madonna, i Santi dagli atteggiamenti teatrali e insignificanti in cui li ha chiusi tre secoli di convenzionalità controriformistica e farli muovere e vivere in una maniera nuova, tra i ruderi e i prati della periferia, sullo sfondo dei palazzi di cemento armato dei sobborghi romani.

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