Dopo la vittoria a Canzonissima mi ero preparato con tutta la coscienza possibile al Festival di Sanremo: dicevo a tutti "mi basta far bella figura", ma in cuor mio speravo proprio di arrivare primo e di conquistare un primato che nessuno dei miei colleghi ha mai conseguito: vincere Canzonissima ed il Festival di Sanremo nello stesso anno.
[...] La notte tra giovedi e venerdi non ho chiuso occhio. Come in un incubo vedevo dinanzi a me Cichellero che alzava le mani per dare il "via" a Uno per tutte: in quelle mani c'era il mio destino. [...] Ho cantato male, [...] se non fosse stato per la stupenda interpretazione di Emilio Pericoli, probabilmente Uno per tutte non sarebbe neppure entrata in finale. [...]
Venerdi notte avevo ripreso a sperare: non certo più di arrivare primo (tutti ormai, con assoluta sicurezza, davano vincenti o Villa o Milva), ma almeno di piazzarmi dignitosamente. Una speranza durata poche ore: fino all'estrazione a sorte di sabato mattina Gianni Ravera, l'organizzatore del Festival, appena conosciuti i risultati dell'estrazione era venuto a farmi coraggio. Tutti mi trattavano come una specie di condannato a morte: ed avevano ben ragione di farlo. In dodici anni di Festival di Sanremo la canzone eseguita per prima la sera della finalissima è quasi sempre arrivata ultima. [...].
(la sera, dopo aver cantato) pensavo al pubblico in sala, per forza di cose ancora freddo, ai componenti le venti giurie esperte raccolti negli studi dei notai, magari ancora intenti a prendere posto davanti al televisore (qualcuno che arriva tardi c'è sempre). "Non si saranno neppure accorti che ho cantato" mi dicevo. "Magari arrivati in fondo si chiederanno: ma non doveva cantare anche Tony Renis?"
Le dieci, le dieci e un quarto, le dieci e mezzo. Con me non parlava nessuno, di me non si occupava nessuno. L'unico a venirmi vicino, dopo aver cantato anche lui Uno per tutte, è stato Emilio Pericoli. "guarda i fotografi", mi ha detto, "continuano a fotografare Claudio Villa con Eugenia Foligatti, Milva con Tajoli, Donaggio con la Cocki Mazzetti. Sono le coppie che possono vincere o almeno arrivare ai primi posti. A noi non hanno fatto neppure una foto. Io sono più vecchio del mestiere di te, caro Tony: questo è proprio un brutto segno".
Non occorreva che me lo dicesse: me ne ero già convinto per mio conto. "Andiamo a berci su", fece Pericoli. "Al baretto del palcoscenico?". "Macché, al bar del Casinò. Tutti quelli che perdono, qua dentro, vanno a bere a quel bar. Possiamo andare tranquilli, tanto qui nessuno ha bisogno di noi".
[...]Tony Renis
("OGGI" - 21 febbraio 1963)
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