Del
Festival, in me che vi assistevo per la prima volta, sono rimasti specialmente
impressi:
Il professionismo di Villa
Confesso che il suo tipo di canto personalmente non mi piace, e neanche mi entusiasma la sua faccia. Devo però convenire che, quando entrava in azione, tutti gli altri, e non saprei spiegare bene il perchè, sembravano al paragone dei dilettanti. E poi, che savoir faire. Quando compariva, e c'erano i battimani, anzichè salire subito sulla pedana come facevano gli altri, restava qualche istante di fianco, e salutava il pubblico con gesto sobrio delle mani, come per dire: "Ci siamo intesi vero? Chiaro che io sono il numero uno? Applaudite, applaudite, ragazzi, è il vostro elementare dovere".
Il passo falso di Bruni
Magari senza alcuna intenzione maligna, così per gioco, Sergio Bruni ha avuto una trovata che è probabile gli abbia fatto perdere parecchi voti. La terza sera è comparso, per eseguire la sua canzone, subito dopo che Pino Donaggio aveva cantato "Giovane giovane". E prima che l'orchestra attaccasse, appena sulla pedana, ha accennato sorridendo a un passo di twist: alla gente sembrò che volesse sfottere chi l'aveva preceduto.
La battuta infelice di Pericoli
Alla fine dell'ultima serata, intervistato sul palcoscenico, Emilio Pericoli, trionfatore con Tony Renis, ha detto: "Confesso che non me l'aspettavo". Al che dalla platea c'è stato un coro: "Neppure noi, neppure noi".
Gli applausi a settori
Guardando la platea dall'alto si notava un curioso fenomeno. Gli applausi, anzichè essere sparsi un pò dovunque, come avviene di solito, erano concentrati in modo strano. Per esempio si vedevano spellarsi le mani quelli della settima e decima fila di poltrone; la ottava e la nona invece non facevano una piega. Oppure l'entusiasmo esplodeva un'isoletta qua e un'isoletta là, mentre il resto restava tranquillo. A scopo strategico infatti alcune case editrici avevano raggruppato i loro scagnozzi in determinati settori forse con la speranza di ottenere così una maggiore forza d'urto. Certo era uno spettacolo alquanto comico.
I vantaggi della TV
Se uno vuole udire bene le canzoni, capirne le parole, vedere bene i cantanti, le loro facce, le loro espressioni, insomma seguire il Festival il più da vicino possibile, si guardi bene dall'andare a Sanremo ma si sieda in poltrona e apra il televisore.
La deficienza mnemonica delle presentatrici
Ad annunciare le canzoni (il titolo, gli autori, l'orchestra esecutrice, l'interprete) si alternavano quattro graziose presentatrici, state già vallette di Mike Bongiorno. La meglio secondo me era la Copreni. Agghindate in modo scicchissimo, con pettinature che dovevano essere costate interi pomeriggi di lavoro. Ma che testoline! Evidentemente imparare a memoria quelle pochissime parolette era un'impresa troppo ardua per loro. Ed avanzavano sul loro speciale podio con un foglietto di carta in mano, e leggevano, ed era una cosa abbastanza divertente.
Dino Buzzati
("DOMENICA DEL CORRIERE" - 24 febbraio
1963)
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