domenica 24 giugno 2012

DA SANREMO SI TORNA COSÌ (parte 1)



Del Festival, in me che vi assistevo per la prima volta, sono rimasti specialmente impressi:


la bruttezza della sala
Cento volte meglio le pretenziose architetture fine di secolo dei grandi alberghi sanremesi e perfino del Casinò piuttosto che la squallida nudità del salone dove si è svolto il Festival, simile a un grande cinematografo rionale.   Le decorazioni di fiori non bastano a renderla simpatica o accogliente.   In quanto all'apprestamento scenico venivano in mente certi stands di Fiera campionaria di trent'anni fa.

L'anzianità degli spettatori
I giornalisti erano in galleria.   Di lassù, guardando alle favolose poltrone diremo così elettorali, pagate settantamila lire per tre sere, si vedeva un panorama di teste in piazza, semicalve, grigie e bianche.   Rare le capigliature nere.   E fra le donne prevaleva quel caratteristico biondo falso con cui molte ingenue signore si illudono di poter alleviare gli insulti del tempo (mentre l'effetto è invece nettamente contrario).   A occhio e croce l'età media degli spettatori era cinquant'anni.   Canzoni destinate a essere cantate dai giovani sarebbe stato logico che fossero scelte dai giovani.   Ma i giovani, ahimè, non dispongono di settantamila lire.

I vestiti di Milva
Erano tutti e tre lunghi fino a terra, di linea regale.   Abiti da incoronazione piuttosto che da canzone.   Da lontano sembrava, non so, la statua della libertà o un'imperatrice bizantina.   Con quegli abiti là vincere era assolutamente obbligatorio.   E proprio a motivo di quegli abiti la sconfitta ha fatto doppia sensazione.

La voce di Milva
La quale si è stilisticamente raffinata senza perdere quei suoi toni profondi, tenebrosi, carnali.   Solo che prima (vedi Flamenco rock) queste torride note sgorgavano di getto da una femminilità decisamente popolaresca, oggi vengono amministrati a ottenere elaborati effetti drammatici alla Edith Piaf.

L'importanza di Milva
L'ho vista due tre volte da vicino, nel ridotto del teatro, al bar del teatro, nell'atrio dell'albergo.   Era evidente che si sentiva molto importante, la colpa non è sua, la colpa è del pubblico.   E come la giovane contadina è costretta ad assunere un atteggiamento da dea dall'otre pieno d'acqua portato in testa, parimente la Milva reagiva sotto il peso della gloria.


Dino Buzzati
("DOMENICA DEL CORRIERE" - 24 febbraio 1963)


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